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Sempre alla stessa ora

Anche quel giorno, per Alberto, la lunga giornata di lavoro dietro al bancone del suo bar stava per finire. Così come accadeva da quindici anni ormai, ripeteva gli stessi consueti gesti prima della chiusura: sistemare i pesanti bicchieri, ultima pulita ai tavoli e l’immancabile panno con cui metteva in ordine il bancone. Poi bisognava avvertire, sempre in modo cortese, gli ultimi clienti ancora seduti a consumare l’ennesimo drink. Con quotidiana ripetitività li vedeva entrare, quasi sempre alla stessa ora, sedersi allo stesso tavolo consumando <<il solito…>>. Aveva imparato a conoscerli, a scrutarli dentro. Era in grado di capirne gli umori, gli stati d’animo. Ogni tanto Alberto si avvicinava loro e scambiava qualche parola. Aveva una frase giusta per ogni occasione, per ogni umore. Con Sofia era diverso. Lei era differente dagli altri. In realtà Sofia non era nemmeno il suo nome. Gli era stato dato da uno degli avventori che, guardandola entrare nel bar, un giorno, esclamò: <<e questa chi è… Sophia Loren?>> I tratti della donna richiamavano lontanamente quelli della famosa attrice e in fondo, a lei, non dispiaceva neanche sentirsi appellata in quella maniera. Entrava al bar con portamento elegante. Sempre ben vestita e con una cura del corpo da fare invidia alle trentenni della zona. Lei, che di anni ne aveva ormai sessanta, ostentava la sua bellezza in quella breve passerella che, dall’uscio del bar, la portava al solito tavolino nell’angolo in fondo al locale. Si sedeva con fare fiero e severo e stava ad aspettare. Alberto la scrutava. Sofia sembrava spesso assente in quei lunghi momenti di silenzio. Ogni tanto usciva dalla borsetta il necessario per sistemarsi il trucco: un po’ di cipria, un po’ di rossetto e nuovamente in attesa. Poi, d’improvviso, la consueta mano alzata a chiamare il barista. <<Buonasera Sofia, cosa ti porto?>> esordiva Alberto avvicinandosi a lei. La risposta sarebbe sata la stessa come avveniva da ormai oltre un anno, da quando si era stabilita in quella nuova città: <<un thè alla menta per me ed un caffè corretto per Luigi>>. Alberto prese la comanda, andò al bancone e preparò quanto richiesto dall’elegante donna. Servì la sua cliente e tornò al bancone senza fare domande. Mesi prima, preso dalla curiosità, chiese a Sofia di parlargli di Luigi. Scoprì che era il ragazzo di cui si era perdutamente innamorata quando aveva trent’anni. Un ragazzo bello come il sole ma promesso sposo ad una sarta del suo paese. Sofia e Luigi si erano amati, clandestinamente, e lui le aveva promesso che avrebbe lasciato la futura sposa per scappare con lei. Sarebbero partiti di sera, di nascosto da tutti, sarebbero andati lontano da quel piccolo paesino e avrebbero iniziato una nuova vità. Lei, trentenne innamorata, con una valigia semivuota ed il cuore colmo di speranza l’aveva atteso al bar del paese vicino, luogo dell’appuntamento. Ma Sofia attese invano. Perse l’amore della sua vita e la lucidità mentale. Consumò il suo thè, si alzò e si diresse da Alberto. <<La saluto! Mi ricorderò di lei e della sua gentilezza>> diceva ogni volta come chi sta per partire, per sempre, con l’amore della propria vita. Alberto sorrise e la salutò come faceva ormai da perecchi mesi: <<allora… buona fortuna Sofia!>> L’avrebbe rivista il giorno seguente…
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