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Rivoluzione!

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Andiamo a fare la rivoluzione? Chi viene con me?

No, i gilet gialli lasciateli pure nell’auto. Già abbiamo problemi con l’assicurazione non pagata della Fiat Punto, vogliamo mica peggiorare la situazione se ci “ferma” la Polizia Stradale e ci trova senza giubbino?  E poi, diciamolo chiaramente: quel giallo sgargiante stona con il nostro smartphone di ultima generazione appena comprato in 24 comode rate da cinquanta euro. Perché soldi per l’assicurazione dell’auto non ne abbiamo, ma possiamo mai sfigurare a cena con gli amici? Cosa sfoggiamo a tavola, vanitosi?

Ma torniamo al nostro moto rivoluzionario.

I forconi non servono! Nemmeno le magliette rosse con il volto stilizzato di Che Guevara che sono, ormai, anacronistiche. E poi, troppa confusione di colori: gilet gialli, maglie rosse, governo giallo-verde tendente al nero. Ci vorrebbe Chiara Ferragni a fare un po’ d’ordine.

Dobbiamo occupare qualche piazza? No! Con questo caldo, poi… Inoltre avevo promesso a mia moglie che domenica l’avrei accompagnata all’Ikea… Proprio non posso…

Questa rivoluzione sta diventando più difficoltosa del previsto!

Ma c’è un modo tanto semplice quanto forte di sovvertire lo status quo: una rivoluzione che non richiede simboli e colori; un moto che non ha bisogno di leader di partito; un movimento che non ha bisogno di piazze stracolme…

Una rivoluzione che avviene tra le nostre quattro mura di casa, che ha come interpreti noi ed i nostri figli e come unica arma il dialogo.

Perché è grazie alle parole che possiamo spiegare alle future generazioni che l’uomo e la donna sono sullo stesso piano, magari evitando di usare con nostro figlio  frasi del tipo: <<piangi come una femminuccia!>>.

Perché solo con il dialogo possiamo spiegare ai nostri figli che un uomo che bacia un uomo è semplicemente una persona che ama un’altra persona.

Un forte moto rivoluzionario sarebbe quello di dire ai nostri figli che se vengono rimproverati dalla maestra, una ragione ci sarà. Invece siamo pronti ad andare a protestare a muso duro contro l’insegnante per aver rimproverato nostro figlio, lui, il migliore, l’eletto!

Una chiacchierata facciamola con i nostri figli. Facciamogli capire che se otto deficienti deridono, picchiano e portano alla morte un povero pensionato a Manduria c’è qualcosa che non va! Diciamogli pure che il silenzio di chi sapeva ma non ha fatto nulla è altrettanto grave.

Insegniamogli il rispetto per l’autorità, per le persone più grandi, per chi ha la pelle diversa dalla nostra o per chi prega un dio che non è il nostro. Dare del “Lei” a chi non si conosce, cedere il posto sul tram, far passare prima una donna in dolce attesa… Questi e tanti altri piccoli, grandi gesti da cui partire.

Cominciamola questa rivoluzione, adesso.

Avanti popolo, alla riscossa!

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